di Guido Dalla Casa
Il problema ecologico è nato dalla visione del mondo che si è andata affermando in Occidente nel diciassettesimo secolo innestandosi sulla tradizione giudaico-cristiana: in questa visione la specie umana è al di sopra della natura, che è completamente al suo servizio.
Per evidenziare la visione cartesiana-newtoniana che domina la scienza ufficiale e accennare ad una sua possibile modifica, è stato immaginato un colloquio sulla posizione dell’uomo nel mondo naturale. È evidente che dalla posizione del tutto particolare ed “esterna” attribuita alla nostra specie nel pensiero corrente è nata l’aggressione dell’uomo alla Natura propria degli ultimi secoli e quindi l’attuale gravissima situazione del Pianeta.
Un dialogo immaginario fra la Scienza Ufficiale e il Metodo Scientifico sulla posizione della nostra specie in Natura
Scienza Ufficiale Nei secoli XVII e XVIII, più o meno quando abbiamo cominciato a lavorare, abbiamo trovato un contesto culturale dove vigeva la convinzione che l’uomo è frutto di una “creazione separata” e profondamente diverso dagli altri animali, anzi abbiamo sentito spesso porre in contrapposizione l’umanità con l’animalità. D’ora in poi cominciamo a constatare fatti, raccogliere informazioni e fare esperimenti. Se qualche osservazione smentisce o falsifica la visione del mondo in atto, formuleremo qualcosa di diverso, compatibile con le nuove conoscenze.
Metodo Scientifico Il sottofondo culturale ci dice che l’uomo è metafisicamente diverso dagli animali, che “non hanno l’anima”. È un punto di partenza che non ha alcun genere di dimostrazione, né di evidenza. Quindi, appena trovi qualcosa che lo contraddice, dovrai abbandonarlo. Siamo intesi che non cercherai mai di nascondere fatti o forzare esperimenti per far rientrare i risultati nel tuo paradigma.
S.U. Dopo una attenta e approfondita raccolta di osservazioni, gli scienziati Jean Baptiste de Lamarck (nel 1809) e Carlo Darwin (nel 1859), sono pervenuti a formulare una teoria in cui si dimostra la completa unicità della Vita, compresa quella umana, che appartiene interamente alla Natura. Resta comunque aperto il problema di come inquadrare questa constatazione, se in una cornice materialista o piuttosto in un contesto di mente estesa.
M.S. Perché continui a trattare gli altri animali come se non fossero della stessa nostra natura? Sono passati due secoli e ti ostini nel comportamento precedente! Non solo, ma stai seguendo un’etica che smentisce le tue stesse conoscenze. Tratti gli altri animali come se fossero di natura diversa da noi: come esempio, provi spesso i tuoi farmaci a prezzo di terribili sofferenze ad altri esseri senzienti. Inoltre, non hai nessuna prova che la sofferenza non resti impressa nell’inconscio (o nella mente) per generare successivamente nuova sofferenza.
Per caso non continuerai a trattare così gli altri esseri viventi per un eccesso di fiducia nel tuo vecchio maestro (Cartesio), anche se il suo paradigma è stato falsificato da molti fatti?
Se ben ricordi, pare che il filosofo francese abbia gettato un gatto dalla finestra per dimostrare la sua convinzione che “non poteva soffrire”. Konrad Lorenz, e tantissimi altri scienziati, hanno ampiamente dimostrato l’assoluta infondatezza del pensiero cartesiano dell’animale-macchina. Gli altri animali soffrono, provano emozioni, pensano. I fatti e le osservazioni hanno la precedenza sui pregiudizi culturali, che oltre tutto sono soltanto di una parte dell’umanità.
S.U. Che prove mi dài di quanto hai affermato?
M.S. A parte che non mi hai mai dato alcuna prova né dimostrazione del tuo paradigma di partenza, oggi ci sono tutte le osservazioni di Lamarck e Darwin. Per quanto riguarda il contesto materialista o spiritualista, ti farò qualche esempio.
Esistono numerosi esperimenti rigorosi (non idee di qualche “ambientalista”) da cui risulta che, anche isolando e schermando al loro interno gruppi di termiti di un termitaio da tutti i campi conosciuti possibili, quegli insetti sono in grado di realizzare la struttura del termitaio con precisione ultramillimetrica, da ogni parte degli schermi. Inoltre ogni termite percepisce istantaneamente qualunque turbativa venga data al termitaio a qualunque distanza si trovi e al di là di qualsiasi tipo di schermatura.
L’ipotesi più logica è semplice: il termitaio ha (o è) una mente – o, se preferisci, un’anima. In altri termini: le termiti di un termitaio sono emotivamente collegate da continui scambi telepatici istantanei (come le cellule di un Organismo). Hai tentato inutilmente spiegazioni che salvassero il paradigma iniziale (che era solo un pregiudizio culturale dell’epoca), trasformato in un dogma, poi hai relegato tutti questi esperimenti nel campo dell’impossibile e hai messo l’etichetta di misticismo a tutte le teorie che non ti piacciono. Non eravamo d’accordo così quando abbiamo cominciato!
Il termitaio è solo un esempio che puoi applicare a tante altre entità (o forse tutte), come una società, una cultura, una specie, un ecosistema, una cellula, un albero, la Biosfera (forse la Terra), e così via.
Il biologo-filosofo inglese Rupert Sheldrake ha ben schematizzato, nel suo libro Le illusioni della scienza, quali sono i tuoi dogmi, che consideri evidenti, anche se non hanno alcuna garanzia dal mio punto di vista.
Fra questi cito in particolare i seguenti:
– la Natura si comporta come una macchina;
– le leggi della Natura restano invariate;
– la materia non ha alcun genere di coscienza;
– la Natura non ha alcuno scopo, né obiettivo;
– tutta l’eredità biologica è trasmessa nella materia;
– tutto ciò che è nella memoria è registrato come tracce materiali;
– la mente è un prodotto soltanto del cervello.
Ti ricordo alcuni fatti, constatati dopo osservazioni ripetute, che non potrai mai spiegare nel quadro di un paradigma materialista:
– gli uccelli migratori ritrovano il loro nido dopo un viaggio di migliaia di kilometri;
– le tartarughe marine tornano proprio alla spiaggia dove sono nate per deporvi le uova dopo aver vagato nell’Oceano per migliaia di kilometri;
– i piccioni viaggiatori raggiungono la loro “casetta” comunque la si sposti;
– le larve delle anguille ritrovano il fiume (che non hanno mai visto) da cui sono partiti i loro genitori, dopo un viaggio di 5000 kilometri dal Mar dei Sargassi;
– molti cani percepiscono la morte del/la loro amico/a umano/a a qualunque distanza;
– gli alberi sono dotati di memoria e molto probabilmente provano emozioni (Stefano Mancuso e Peter Wohlleben).
Conclusioni
Quando si esaminano le affinità fra umani e altri animali, di solito ci si limita a parlare di esseri senzienti a noi molto simili ma tuttora viventi. Anche così, non si trova alcuna spaccatura evidente: nel messaggio genetico, la differenza fra noi e uno scimpanzé bonobo è dell’ordine dell’uno per cento. Se poi consideriamo anche esseri del passato (Australopiteci, Homo habilis, uomo di Neanderthal, ecc.), le assurdità delle concezioni correnti diventano ancora più evidenti.
Gli altri animali soffrono, amano, sono coscienti. Qual’è la facoltà che consente di attribuire dei “diritti soggettivi”? Se fosse qualche forma di coscienza o consapevolezza, non si capisce con quale logica si riconoscono diritti alle persone in coma o agli embrioni umani e non si considera degno di considerazioni morali soggettive un essere consapevole e senziente come un orango, un cane o un delfino.
Alcuni anni fa è stato pubblicato in italiano un libro di uno scienziato olandese (R. Corbey, Metafisiche delle scimmie, Bollati Boringhieri, 2008), in cui, oltre ad altre considerazioni, si ricerca quali possano essere le caratteristiche che dividono l’umano dall’animale. In un recente passato si è sempre dovuto spostare questo confine, man mano che si accumulavano nuove scoperte e nuovi studi, ma infine il tentativo di mantenere comunque una divisione è fallito: il confine non esiste. Gli altri animali giocano, soffrono, amano, hanno emozioni profonde, tengono un comportamento del tutto paragonabile a quello umano.
Viene comunque spontaneo chiedersi se sia più materialista una visione del mondo in cui tutto è soltanto materia inerte, tranne una sola specie “privilegiata”, o un sottofondo di pensiero in cui qualunque entità naturale evidenzia lo spirito, la mente o l’Anima del mondo.
Immagine di copertina: © UPPA/Photoshot
Ingegnere Elettrotecnico, è stato dirigente della distribuzione elettrica presso diverse sedi dell’ENEL dal 1959 al 1997. Attorno al 1970 ha cominciato a sentire un forte interesse per l’ecologia e le filosofie orientali: in questo campo si è poi svolta la sua attività negli ultimi anni.
È docente del Corso di Ecologia Interculturale presso la Scuola Superiore di Filosofia Orientale e Comparativa di Rimini (Università di Urbino).
Insegna Ecologia e Scienze Naturali presso l’UNITRE di Saronno.