Un filo diretto con l'etologia cognitiva e relazionale

Filosofo, etologo e zooantropologo.
Da oltre vent’anni conduce una ricerca interdisciplinare volta a ridefinire il ruolo degli animali non umani nella nostra società.
Direttore del Centro Studi Filosofia Postumanista e della Scuola di interazione uomo-animale (Siua), è autore di oltre un centinaio di pubblicazioni nel campo della bioetica animale, delle scienze cognitive e della filosofia post-human.
È inoltre direttore della rivista “Animal Studies”, la Rivista Italiana di Zooantropologia (Apeiron).

L’importanza della zooantropologia urbana

Central Park surrounded by skyscraper with huge pond and golf fields in the middle.

Di Roberto Marchesini

Premessa

La città è il luogo dove oggi con più frequenza l’essere umano viene a contatto con le altre specie, per la semplice ragione che la quasi totalità delle persone risiede o comunque vive la propria quotidianità all’interno dell’ambiente urbano. Tutto questo può sembrare paradossale considerato il fatto che le città sono da sempre considerate roccaforti antropiche, il luogo esclusivo ed ecumenico dell’umanità, e soprattutto in considerazione dell’evoluzione stessa del tessuto urbano negli ultimi cinquant’anni, sempre più volto a utilizzare anche il più piccolo spazio in senso funzionale, vale a dire per costruire palazzi e strade. Va, peraltro, detto che anche l’architettura urbana in questo lasso di tempo si è convertita in senso funzionale, riducendo quegli anfratti che un tempo venivano utilizzati dagli uccelli per nidificare. Un altro aspetto di non poco conto è la drastica riduzione degli spazi verdi o l’abbattimento selvaggio degli alberi, un fenomeno che sta sempre più preoccupando la popolazione che sa bene come gli alberi siano fondamentali per fare da ammortizzatore naturale alle fluttuazioni termiche e meteorologiche. Tuttavia, a dispetto di tutto questo anche le altre specie hanno cercato nuove strategie di sopravvivenza in città.

Incontrare gli animali in città

Se è possibile incontrare animali anche al di fuori del contesto urbano e indubbiamente sarebbe l’esperienza migliore, purtroppo dobbiamo rilevare che le aree esterne destinate all’attività agricola, oggi divenuta una pratica industriale, sono spoglie di tutte quei connotati naturali, come alberi, siepi arbustive, erbe selvatiche, fonti d’acqua che costituiscono le risorse di base per la sopravvivenza minima delle varie specie. Ormai è più facile ritrovare un luogo che più o meno risponda a questi requisiti elementari in città piuttosto che in campagna, per cui è assai più comune il birdwatching in città piuttosto che nelle zone rurali. Certo, esistono ancora fortunatamente dei luoghi che mantengono un buon tenore di biodiversità, ma spesso sono in zone remote per cui solo alcune persone vi accedono e per lo più in modo saltuario. I parchi cittadini, al contrario, sono facilmente accessibili e sono abitati da un gran numero di specie, anche se anch’essi sono a rischio, essendo rimasti gli unici posti dove poter fare delle attività, ragion per cui sono contesi tra chi vorrebbe utilizzarli per fare concerti o mercati e chi vorrebbe costruirvi all’interno palazzine da adibire a scuole materne, centri per il tennis, complessi per associazioni, ludoteche e via dicendo.

L’importanza dei parchi cittadini

I parchi cittadini, al contrario, dovrebbero essere un piccolo polmone di verde all’interno della città, capace di ospitare alcuni servizi di base, come quelli igienici e di ristorazione, ma per il resto essere liberi da asfalto e cemento e ospitare alberi, siepi arbustive, punti a prato rasato e aree a crescita delle erbe selvatiche. Anche la progettazione del verde andrebbe fatta da un agronomo in grado di associare correttamente delle piante, che come sappiamo possono avere un’interazione talvolta sinergica talaltra antagonista, scegliendo essenze possibilmente autoctone, perché il verde non è arredo urbano, ma biodiversità vegetale in grado di favorire o meno le specie animali. Sarebbe auspicabile che nel parco ci fossero sentieri da poter percorrere con il proprio cane al guinzaglio, aree recintate dove poter lasciar libero il cane e zone invece dove ne è preclusa la presenza proprio per rispettare le altre specie. Un parco cittadino dovrebbe allestire zone precluse alla frequentazione anche delle persone, allestita e curata da naturalisti per creare habitat favorevoli per gli animali selvatici, con zone di foraggiamento, punti d’acqua e opportunità per la nidificazione. I sentieri per le passeggiate al guinzaglio con i cani potrebbero prevedere tappe allestite per fare delle attività educativo-relazionali con il proprio quattrozampe, una sorta di percorso cino-vita, mentre le aree cani dovrebbero avere delle attrezzature interne per fare attività di psicomotricità. Ma ciò che soprattutto servirebbe è che ogni zona verde della città fosse collegata con le altre formando delle digitazioni di verde, connesse tra loro da piste ciclabili e per passeggiate.

La zooantropologia per favorire l’integrazione degli animali

La zooantropologia urbana prevede quindi dei professionisti in grado di favorire la relazione sociale tra i cittadini e gli animali, dando così supporto alle amministrazioni locali nell’individuare le scelte migliori per implementare un ricco e corretto rapporto con gli animali e nello stesso tempo risolvere i problemi che si dovessero presentare. Possiamo, pertanto, ipotizzare che per i cittadini venga stilato un codice di buone maniere per il rispetto e l’integrazione degli animali in città, come: il divieto di gettare rifiuti o di destinare cibo ad uso umano agli animali presenti, l’obbligo del guinzaglio nelle aree dove non è permesso lasciare il cane libero, la raccolta delle deiezioni e in estate il lavaggio dell’urina attraverso una bottiglietta d’acqua, il divieto di abbandono di animali di qualunque tipo e la tracciatura con il microchip del proprio cane, la raccolta negli appositi cassonetti di oggetti e rifiuti che possono ferire gli animali, come bottiglie rotte, sacchetti di plastica, medicinali o sostanze tossiche. Si tratta, in definitiva, di uscire dall’opposizione tra amanti degli animali e zoointolleranti e stilare un codice di buona condotta che da una parte sancisca l’importanza della presenza degli animali in città, dall’altra stabilisca un insieme di comportamenti virtuosi in grado innanzitutto di non creare problemi e poi di favorire delle opportunità.

Il problema dei canili

Un argomento molto importante per la consulenza di zooantropologia urbana riguarda la gestione dei canili per favorire la loro destinazione a centri di preparazione dei cani all’adozione e di promozione del turn over per evitare che queste strutture nel giro di poco tempo vadano in saturazione. Il canile deve essere prima di tutto pensato non come luogo di accoglienza dei cani, bensì come centro di formazione dei cani, perché solo se il cane è preparato per l’adozione questa potrà avvenire con facilità. Si tratta di passare da una struttura concepita per mettere in stallo i cani e quindi priva di una sua organizzazione funzionale – la classica schiera di box – a una struttura suddivisa in padiglioni dedicati e attrezzati per lavorare in modo specifico con i soggetti presenti a seconda del problema che presentano. L’obiettivo del canile non dovrebbe essere quello del ricovero del cane, ma della preparazione dello stesso per l’adozione, per cui tutto il lavoro degli operatori andrebbe rivolto in tal senso.  Per fare questo sarebbe necessario: i) fare una scheda di valutazione di tutti i cani presenti; ii) definizione per ogni soggetto di quale percorso di formazione si rende necessario per favorire l’adozione; iii) individuare per ogni cane presente quale sia il miglior proprietario, quello accettabile e quello non indicato, in modo da indirizzare le persone verso il miglior candidato di adozione. Ovvio che per fare questo si rende necessario avere del personale preparato per questi tre compiti: 1) la valutazione del cane, negli aspetti caratteriali e rispetto a eventuali problemi presenti; 2) il lavoro di preparazione dei cani, per valorizzare i suoi punti di forza, mitigare quelli di debolezza e togliere i problemi comportamentali; 3) realizzare la consulenza preadottiva, incontrando le persone e cercando di capire le rispettive disponibilità.

Gattili, colonie feline e santuari

Le strutture dei gattili rappresentano un argomento centrale della zooantropologia urbana, perché sono lo specchio di come una città si occupa della gestione della relazione e dell’integrazione degli animali in città, esattamente come la gestione dei parchi cittadini. Un altro argomento importante riguarda la gestione delle colonie feline che vanno monitorate e situate nelle zone corrette, evitandone la presenza nelle zone di ripopolamento dell’ornitofauna. Questo significa, per esempio, che i parchi cittadini non sono il posto migliore per realizzare una colonia felina. Importante inoltre l’attenzione nella gestione di animali non autoctoni – come le tartarughe americane – presenti perché comprate nei negozi e poi abbandonate quando adulte. Occorre individuare dei santuari specifici che diano loro ricovero evitando che si spargano nell’ambiente esterno. In definitiva il lavoro della consulenza di zooantropologia urbana si propone il compito di creare le condizioni per migliorare nelle città il rapporto con gli animali, valorizzandone la presenza e riducendo eventuali problemi.

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