di Roberto Marchesini
L’identità comportamentale, che definisce il repertorio espressivo di una certa specie, è in massima parte innato, per cui il soggetto non ha bisogno di apprendere certi display perché fanno parte del suo corredo ereditario. Tuttavia, negli animali che presentano cure parentali, l’appartenenza si sviluppa anche attraverso specifici processi esperienziali, cosicché il rapporto con il genitore diventa un’occasione per perfezionare la propria identità specie specifica. Negli uccelli per far sì che l’individuo si riconosca come membro della propria specie esiste il famoso imprinting, studiato da Konrad Lorenz, per cui l’esposizione precoce del pulcino a un modello – che in genere è la madre – dà luogo a un forte legame che lo porta a seguirlo, a imparare da lui o a rifugiarsi in lui nelle situazioni critiche.
Nei mammiferi ritroviamo un processo analogo, anche se non identico perché più lungo e articolato: si chiama attaccamento e anche in questo caso è fondamentale per dar forma al profilo identitario. Attraverso l’attaccamento, il cucciolo accredita la madre come suo punto di riferimento, da lei riceve quindi quell’aiuto che gli consente di imparare a diventare adulto e a realizzare in pienezza la sua identità di specie. La madre assume il ruolo di base sicura, vale a dire di centro di protezione, accudimento e cura del cucciolo. L’attaccamento è come un guinzaglio che lega il cucciolo al genitore, permettendogli di esplorare l’ambiente circostante in modo sicuro. Inoltre, questa relazione continua e privilegiata con la madre gli consente di acquisire delle nozioni utili per completare il proprio repertorio comportamentale.
Ma cosa intendiamo per identità di specie? Beh, per un cane, solo per fare un esempio, significa prima di tutto sentirsi cane, vale a dire riconoscere gli altri cani come partner sociali e saper interagire con loro in modo corretto. Parliamo della capacità di comunicare, interagire, ingaggiare, negoziare e nell’eventualità sottomettersi. Tutte le conoscenze innate vengono così completate da questo primo apprendistato che prende il nome di socializzazione e che potremmo immaginare come una sorta di scuola dell’obbligo. Ovvio che, prima di iniziare le lezioni, sia necessario individuare una figura magistrale: tale è la funzione del processo di attaccamento, capace di trasformare la madre in una stella polare, che consente al cucciolo di avere sempre un punto di riferimento nel corso dello sviluppo.
Sbaglieremmo a considerare la base sicura come un semplice luogo di rifugio, poiché esso rappresenta prima di tutto un volano di crescita, un sostegno e un orientamento affinché il cucciolo possa realizzare la propria identità correlandola alle caratteristiche peculiari del contesto in cui si trova a crescere. La base sicura è cioè un centro referenziale, vale a dire un motore esperienziale per il cucciolo che offre risposte, sollecita, aiuta, indirizza, pone quesiti, vale a dire che affianca favorendo lo sviluppo di uno stile specifico di interazione con il mondo. Per diventare un adulto equilibrato e sicuro il cucciolo deve fare tanta esperienza, nel senso di familiarizzare con la collezione di entità con cui può venire a contatto: questa è in buona sostanza la socializzazione.
Ma per ottenere una corretta socializzazione sono necessari due requisiti: 1) prima di tutto che la realtà di crescita del cucciolo presenti la medesima multiformità che ne caratterizzerà la vita di adulto, quindi 2) che il cucciolo possa usufruire di una buona base sicura capace di promuovere le sue opportunità esperienziali. Non basta, cioè, inserire il cucciolo in un ambiente arricchito per avere una buona socializzazione, occorre costruire un buon processo di attaccamento. La madre dev’essere in grado di accogliere e rassicurare con la sua presenza, ma nello stesso tempo deve essere di esempio e sollecitare l’esperienza del cucciolo, per far sì che gradualmente lui prenda fiducia in se stesso, acquisisca delle competenze e maturi una certa autonomia. Un buon attaccamento rende più salda la condizione affettiva del cucciolo.
Nel cane il processo di attaccamento inizia alla terza settimana di vita e termina intorno al quarto mese e può essere suddiviso in due momenti: 1) l’attaccamento primario, che dura circa 9 settimane e che vede la madre come punto di riferimento, ove si pongono le basi dell’identità di specie; 2) l’attaccamento secondario, che si sviluppa nel terzo mese di vita e che corrisponde al legame che si viene a impostare tra proprietario e cane subito dopo l’adozione, ove si pongono le basi del rapporto. Sia nell’attaccamento primario che in quello secondario questo processo prevede un referente di fiducia, la madre prima e il proprietario poi, e affinché questo sia una buona base sicura deve rispondere a tre requisiti: la presenza costante, la rassicurazione e il sostegno esperienziale per l’autonomia.
Quindi potremmo dire che attraverso queste qualità il cucciolo trova un ambiente sicuro e arricchito per poter crescere non solo nel corpo ma anche nella mente, coniugando la propria identità di specie con le caratteristiche del suo ambiente di vita e dando vita così a un profilo individuale adattato, adattabile, equilibrato e armonioso.