I cuccioli suscitano in noi un desiderio di protezione, accudimento e cura e, di converso, proviamo una forte soddisfazione ogni volta che dedichiamo le nostre attenzioni a un esserino così smaccatamente vulnerabile.
Lo dimostra il fatto che gli aspetti più importanti del nostro rapporto con gli animali domestici hanno una conformazione tipicamente epimeletica: dare da mangiare, pulire e accudire, proteggere e venire in aiuto, prendersi cura e coccolare, educare. Non vi è dubbio inoltre che nella scelta di un animale si preferisca un cucciolo o, viceversa, che di fronte a un cucciolo sia forte la tentazione di portarlo a casa ovvero di adottarlo.
Tutte le interazioni con l’animale sono enfatizzate quando quest’ultimo è nel periodo giovanile e purtroppo talvolta alcune persone arrivano ad abbandonare l’animale adulto proprio perché non suscita più in loro quei sentimenti di protezione che avevano indotto l’adozione.
Una prova a sostegno dell’origine epimeletica della domesticazione degli animali è il fatto incontrovertibile che le varietà domestiche presentano una magnificazione dei caratteri giovanili e una persistenza di questi ultimi anche in età adulta rispetto al progenitore selvatico: si confronti il maiale con il cinghiale o il cane con il lupo. Ciò starebbe a dimostrare che la nostra specie, nella capacità di dare accudimento agli animali e nella scelta dei riproduttori, sia stata guidata dal fattore pedomorfico dei soggetti ovvero dalla persistenza in età adulta di morfologie giovanili.
Secondo l’etologo James Serpell, gli animali domestici sarebbero diventati nei nostri riguardi quello che è il cuculo per gli altri uccelli “balia”: dei parassiti di cure parentali. I pet, proprio in virtù delle loro maschere infantili, sottrarrebbero indebitamente alla nostra specie preziose cure parentali, irretendole nelle maglie degli istinti epimeletici.
Tuttavia questo non spiega il fatto che anche i cuccioli di mammiferi selvatici suscitano in noi desideri adottivi. Anche un cacciatore incallito viene in genere spiazzato dai segnali et-epimeletici inviati dai cuccioli e questo a indicare che la nostra specie è particolarmente sensibile alle morfologie giovanili. È pertanto più verosimile pensare, in opposizione all’interpretazione di Serpell, che sia la disponibilità epimeletica umana a essere molto alta, al punto tale da renderci vulnerabili nei confronti dei richiami et-epimeletici espressi da soggetti di altre specie.