Pubblichiamo qui un estratto nel quale l’etologo chiarisce la differenza tra aggressività e fenomeni di aggressione.
Redazione: Che differenza intercorre tra aggressività e aggressione?
RM: Partiamo con il chiarire che l’aggressività è una risorsa: come dico sempre, quando faccio lezione, quando mi metto a scrivere un libro o quando compio un’attività, metto sempre anche un po’ di aggressività, vale a dire l’aggressività diventa anche un modo per affermare determinate istanze, per aggiungere un po’ di pathos, risultare maggiormente convincente nel parlare.
Questo non significa aggredire il prossimo, ma semplicemente avere un’opinione e sentirla in maniera molto forte. Molti atteggiamenti di fermezza mostrano anche una dose di aggressività, per esempio quando vogliamo raggiungere un risultato. Allo stesso modo, quando un cane sta facendo un’attività sportiva o un gioco, ci mette anche aggressività, così come usa l’aggressività anche nella relazione sociale, che non sfocia necessariamente nell’aggredire un altro cane, ma può magari fermarsi alla sua sola esuberanza e assertività con cui porta avanti il confronto e la competizione.
L’aggressività è una risorsa presente in tutto il mondo animale ed è fondamentale: una femmina che non difenda i propri cuccioli è patologica. L’orsa Daniza non era certo problematica perché ha difeso i suoi cuccioli; viceversa, sarebbe stata problematica se li avesse lasciati privi della sua protezione. Quindi, tanto nel difendere i propri cuccioli quanto il territorio, quanto nel trovare quanto necessario per vivere, è chiaro che l’aggressività è una delle risorse che il mondo animale ha per raggiungere i propri obiettivi e per affermare le proprie istanze.
Non va considerata come qualcosa da rimuovere, ma come una caratteristica di cui dobbiamo ammettere l’esistenza nel mondo dei viventi, che non si può annichilire, annullare o pensare che non esista. Ed è totalmente differente dall’aggressione sociale.
In linea di massima, nel mondo animale vediamo come l’aggressività venga ritualizzata attraverso un insieme dicomportamenti di esibizione, per esempio nella dialettica fra dominanza e sottomissione negli animali che formano gruppi sociali complessi, e penso ai primati, come scimpanzé, bonobo, babbuini (per quanto ci sia una sorta di mitopoiesi del bonobo come un animale privo di aggressività, il che non è affatto vero). In tutte le relazioni sociali si vengono a creare dialettiche che consentono di evitare scontri continui all’interno del gruppo.
Quindi diciamo che, sì, in natura si assiste anche a fenomeni di aggressione, ma in genere gli animali, soprattutto quelli dotati di zanne o artigli potenti, hanno al contempo sviluppato dei comportamenti di ritualizzazione dei processi di aggressione sociale.
Questo era già stato scritto da Konrad Lorenz, che aveva sottolineato che sono proprio gli animali che hanno magari armi di offesa più potenti e che vivono all’interno di gruppi coloro che hanno maggiormente sviluppato nel loro etogramma anche dei rituali, delle comunicazioni, delle dialettiche di dominanza e sottomissione con lo scopo di abbassare la frequenza e il rischio dell’aggressione; il motivo va ricercato nel fatto che l’aggressione sociale non è il mezzo giusto per raggiungere un obiettivo, è una sorta di ultima spiaggia, poiché, tra due animali che si confrontino attraverso atti di aggressione vera e propria, anche il vincitore ne uscirebbe a mal partito, dato che in natura rimanere feriti vuol dire esporsi alle malattie infettive, non avere più quella prestanza fisica che consente di sopravvivere e portare a compimento gli obiettivi della sussistenza.
L’aggressione è qualcosa che può verificarsi, ma che è letteralmente l’ultima modalità che l’animale mette in campo quando non ha altra via d’uscita e quando non ha possibilità di trovare compimento in altro modo